I FIGLI E LA SCUOLA AL TEMPO DEL CORONAVIRUS: IL COMMENTO DI LAURA AVELLA
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I FIGLI E LA SCUOLA AL TEMPO DEL CORONAVIRUS: IL COMMENTO DI LAURA AVELLA

Riceviamo e volentieri pubblichiamo, una ulteriore perspicace riflessione di Laura Avella, nostra apprezzata collaboratrice settimanale, inerente i contraccolpi sociali derivati dalla crisi del Covid-19 ed il suo connesso lockdown.

Questa settimana invece, saranno trattati il mondo della Scuola e il rapporto genitori-figli da gestire durante la quarantena, con i consigli e le precauzioni del caso.

Una disamina redatta come ogniqualvolta, con dovizia e giustezza da Laura Avella, rinomato avvocato partenopeo di origine cilentana (Perdifumo), ma specialmente un’attiva editorialista della casa editrice “Il Saggio” e  parimenti dell’omonima storica rivista di Eboli.

L’avvocato Avella è presente da tempo anche nel mondo culturale cilentano,  infatti riveste il ruolo autorevole di componente di ViviCilento, associazione a caratura provinciale che promuove il territorio e le migliori tradizioni del Cilento.

BUONA LETTURA!

(Laura Avella)

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Anna pensa che è solo uno dei tanti giorni in cui si muore, e con l’angoscia nel cuore non riesce ad addormentarsi.

La mente elabora tanti, troppi problemi e inizia a contarli, <uno, due, tre…>, e poi come dice il suo amico Ettore per addormentarsi occorre contare a ritroso  <tre, due, uno…> ops avrà funzionato? Dove mi trovo ?   

In un’aula tanti banchi, uno vicino all’altro, <no no ma no non si può> urla il bidello in fondo al corridoio <ci vogliono le distanze sociali>  <ma forse è uno scherzo>, pensa Anna cosa sono le distanze sociali? In quella  classe tra quei semplici banchi, complici di compiti copiati su fogli appallottolati e nascosti, e dove scambiandosi di posto si cercava l’amore che non si poteva rivelare per la giovane età.

Anna ricorda che il cuore batteva forte, e non era affatto un peso ascoltare per ore le lezioni, tanto perché il compagno di scuola più carino era davanti ai suoi occhi, ma chissà perché proprio lui non riusciva a dire <ti amo> o almeno <ti voglio bene>. Eppure era certa che il ragazzo  provava lo stesso tenero sentimento. Beh pazienza <aspetterò> ripeteva già da un po’ di tempo tra le risatine delle amiche complici e furbette.

La ricreazione, attesa con ansia, il quarto d’ora di libertà, che bella la libertà.

Gli esami sono vicini, ma cosa è accaduto? Anna sembra svegliarsi, presa da un’angoscia,  ma ricade nel torpore, cosa sarà questo male sconosciuto che ha interrotto il percorso scolastico ed insieme a quello anche la possibilità d’inseguire  l’amore giovanile.

In un sol colpo, nulla è più tangibile.

Le case sono distanti, le stanze sono lontane, sarebbe stato bello abitare nello stesso palazzo, si sarebbe potuto uscire sul pianerottolo con una scusa almeno solo per un solo sguardo.

Anna sembra sorridere nel sonno perché ricorda quei ragazzi di provincia, con tanti sogni e speranze, con la freschezza della gioventù, qualcuno con la chitarra e tutti seduti a cerchio intorno al fuoco sulla spiaggia più bella e più lontana.

Chi lo avrebbe mai detto pensava Anna, che dopo 40 anni la mente, in questa fantasia notturna,  si immerge nel passato, forse una recente chat con tutti i compagni di scuola uniti in gruppo, ormai non come prima tra liti e gelosie e qualche complicità, ma ridere, scherzare e sdrammatizzare il momento, e ricordare che la vita li aveva divisi e, come schegge, erano partiti per un futuro fieri come moschettieri.

I versi ora sono diversi, e Anna si ritrova a recitare Pascoli,  <mamma mia che noia>  pensa ma non lo  dice al suo giovane figlio Giuseppe, che di quella lirica non vuol farne tesoro, per lui i veri poeti sono i rapper. <Sarà come dice lui> e nel pensarlo avverte la voglia di imparare anche i gesti di quelle ritmate canzoni parlate.

Intanto si passa ad altro Canto, guardando suo marito sempre più stranito nel ripetere i gironi del Divino, ed è assai avvilito, per non poter vedere l’unico giro più amato d’Italia quello con la maglia rosa.

<Dai dai> lo incita e, come Coppi e Bartali, passandosi l’acqua da bere, i due genitori proseguono la corsa come due bravi gregari dei loro figli.

Intanto, in questa gara di solidarietà familiare, in un angolo della casa Federica, non partecipa assorta nel pensiero della danza classica, e un po’ distratta sul programma scolastico che procede malgrado gli inconvenienti quotidiani.  Come non capirla pensava Anna <giovane com’è> da 50 giorni in casa e, dalla sua bocca un’unica lamentela <mamma voglio uscire > sarà a causa del brunetto del corso A  <che da giorni non fa una  video chiamata>?

In questo clima di incertezze e chiusure, Anna fa finta di non capire che un giovane cuore, come era il suo tanti anni fa, palpita per un amore giovane e fragile, ma non si può togliere la libertà di uscire e anche quella di comunicare.

Le giornate trascorrono tra ritmi serrati dalla colazione ai pranzi, non c’è tempo per studiare e di esser pronti a collegarsi con la piattaforma, tra la luce che va via inspiegabilmente e il computer che si blocca.

Peccato la maturità l’avessero fatta prima, pensava Anna, sicuramente sarebbe andata ad accompagnarli fino ad un isolato prima dell’istituto scolastico, per evitare di farli prendere in giro.

Li avrebbe seguiti con lo sguardo fino all’ingresso del cancello, lei che li aveva desiderati tanto e, che alla notizia del loro arrivo, una a distanza dell’altro e poi anche Simone il più piccolo a completare la cucciolata, era stata la vittoria più grande della sua vita.

In quel momento, mentre sembra che il sogno si interrompa, sente la voce della sua giovane amica e il pianto di due bambini, e ricorda che Bice aveva avuto due gemelli e, la guarda senza capire come mai si trova all’improvviso nella sua stanza da letto. È contenta di vedere i due bambini, Bice le racconta l’angoscia  di essere entrata in ospedale adibito anche per il reparto covid.

Ma poi che fare la vita arriva anche tra la morte, il parto è doloroso, ma la gioia è più forte .

Eppure, Bice, ha un timore per il futuro della famiglia il lavoro non arriva, il marito non può aprire il  ristorante, i bambini non dormono la notte ma anche lei non riesce a riposare, li allatta al seno e, teme che potrà perdere il nutrimento per i suoi figli tanta è la paura per il futuro, e il latte diventerà un’altra spesa.

Non ha più tutine per i bambini che crescono a vista d’occhio, i negozi sono chiusi e non si conosce la data della riapertura, e confida ad Anna di aver con tanta tristezza adattato dei suoi vestiti per fare dei simpatici pagliaccetti, chissà che penseranno da grandi con le foto belle in vista di questa strana moda casalinga, che tanto tempo fa si usava, ma questa è un’altra storia.

Le chiese sono chiuse, i bambini non avranno la festa in paese per il battesimo. Le due donne si lasciano, dopo aver tanto parlato dei 50 giorni duri come macigni, ma sempre insieme, chissà forse più tristi ma più uniti.

Anna pensa ai suoi figli, che a causa della condivisione di tutta la giornata sembrano essere tornati ad essere affettuosi fratelli molto meno ribelli.

Passa velocemente per un cortile e vede da un palazzo dei nonni alla finestra pronti a mille moine, verso  un giovane con la mascherina e con in braccio una bambina che ben protetta anche lei saluta con un bacio,  non li capivano ma che tenerezza, dai loro occhi e con il rosario in mano.

La nonna mostra i soldi nella mano e il nonno spinge l’anta della finestra e con una molletta lancia la paghetta. 

Congiunti o congiuntivi il cuore batte forte, non più campane a morte, ma una vita nuova e più forte.

Anna si sveglia e felice di aver seguito il consiglio di Ettore per addormentarsi deve contare all’incontrario.

 Laura Avella

(Dedicato a Anna Sperandeo e Bernardo Esposito perché gli amici ci sono sempre,  ma chi ha offerto un sano sorriso merita un grande abbraccio anche se solo virtuale e, anche ad Ettore Marino, che non disdegna di regalare pillole di saggezza.)