CINQUANTUNESIMO APPUNTAMENTO CON LA RASSEGNA LETTERARIA SUL “DE REBUS SICULIS CARMEN AD HONOREM AUGUSTI”
Cultura Eboli Salerno e Provincia

CINQUANTUNESIMO APPUNTAMENTO CON LA RASSEGNA LETTERARIA SUL “DE REBUS SICULIS CARMEN AD HONOREM AUGUSTI”

di Vittorio Campagna

La Particola XLV: <<Corradi cancellari loquutio ad proceres regni (Discorso del Cancelliere  Corrado ai grandi del regno”) riprende, dopo i versi mancanti  (una quindicina), con un discorso del nuovo cancelliere Corrado (anno 1195), con lo scopo di mettere in guarda i conti, i maggiorenti e i nobili del regno affinché abbandonino la linea politica filo-normanna sostenuta fino a quel momento e apprezzino la magnanimità del nuovo sovrano; infatti, il perdono è certo: <<Sit licet immanis commissi sarci – na fraudis- hec Augustali fit pietate minor>> (“Anche se grande il peso del tradimento commesso, esso diventa meno grave alla pietà di Augusto”) (vv.1431-1432).

Il discorso del nuovo cancelliere è esteso anche ai fuoriusciti e agli esiliati da Tancredi durante il quinquennio; rivolgendosi a questi avverte: <<Ne quis ob exilium, quod dudum pertulit in se, elatus rediens civibus esse velit>> (“Che nessuno, a causa dell’esilio che ha or ora patito, tornando in patria, voglia ergersi al  di sopra dei suoi concittadini”) (vv.1437-1438); cioè, sentirsi superiori ai tancredini sconfitti.

Cesare, infatti, per tutt’e due gli schieramenti, è descritto dal poeta come magnanimo e clemente verso chi si pente, e perdona tutti coloro che sono disposti ad abbandonare il passato; ma non fa tardare la sua vendetta su chi disprezza la sua buona volontà. Di contro, non sopporta i soprusi sugli altri concittadini da parte di chi gli è stato fedele.

Il poeta, infatti, conclude con un ultimo avvertimento:

<<Vivit in Augusto pietas et gratia crescens et gladius vindex, vivit et hasta potens>> (“Pietà e clemenza sempre più grande ha il nostro Augusto ma possiede anche la spada vendicatrice e la lancia potente”) (vv. 1443-1444). La pietà e la spada sono la forza della giustizia del nuovo Re.

In verità, quantunque il poeta si sforzi di esaltare Enrico VI, è ciò che emerge dalla storia e soprattutto dal “secondo” tratto della sua personalità, quello de “la spada vendicatrice e la lancia potente”. Circa la clemenza e la magnanimità sono qualità emerse raramente dal nuovo sovrano  L’imprigionamento, la tortura, l’evirazione e l’uccisione dell’ancora bambino “re Gugliemo IIIdocent; infatti, il piccolo re fu catturato a soli nove anni e torturato con sofferenze immani fino alla fine per altri quattro anni, come il peggiore criminale intenzionale della storia… ed era solo un bambino

 N.B. La traduzione dal latino del prof. Carlo Manzione, è offerta per gentile concessione dell’ Ass. ne Culturale “Ebolus dulce solum, Storia e Arte al servizio della Cultura“; mentre, l’articolo è tratto dal libro dell’autore, Vittorio Campagna: <<Pietro da Eboli, Vate latino della letteratura italiana>>, de “L’Aurore edizioni”, Torchiara 2018.

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