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Quando il cervello decide di dimenticare: il meccanismo della rimozione attiva dei ricordi. Di Chiara Vergani 

today19 Giugno 2025

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Quando il cervello decide di dimenticare: il meccanismo della rimozione attiva dei ricordi. Di Chiara Vergani 

 

Può sembrare paradossale, ma a volte ricordare troppo è un problema. Il nostro cervello, meravigliosamente complesso, non è solo una macchina che immagazzina informazioni: è anche un sofisticato sistema di selezione, capace di decidere — consapevolmente — cosa trattenere e cosa lasciar andare. Fino a pochi anni fa, si pensava che dimenticare fosse un processo passivo, quasi un effetto collaterale della memoria limitata. Oggi grazie alle neuroscienze, sappiamo che non è così semplice: esiste una dimenticanza attiva, un vero e proprio “interruttore” che il cervello può azionare per eliminare volontariamente ciò che non serve — o fa male.

Un recente studio condotto da Jiangang Shan e Bradley Postle dell’Università del Wisconsin-Madison, ha gettato nuova luce su questo affascinante meccanismo. I ricercatori hanno osservato circa 30 partecipanti sottoposti a compiti di memoria nei quali veniva chiesto loro di ricordare due elementi, con l’indicazione, in alcuni casi, di dimenticarne uno specifico. Poco dopo veniva aggiunto un terzo elemento, e infine i soggetti venivano testati sulla loro capacità di richiamare alla mente gli elementi ritenuti rilevanti.

Le scansioni cerebrali effettuate durante l’esperimento hanno rivelato qualcosa di straordinario: i partecipanti che cercavano attivamente di dimenticare un’informazione mostravano una diminuzione dell’eccitabilità nei circuiti neurali associati a quell’informazione. In altre parole, il cervello non solo “metteva da parte” il ricordo indesiderato, ma ne disattivava l’accesso. Questo dimostra che esiste un controllo top-down — cioè guidato da processi cognitivi superiori — che riduce la sensibilità dei canali percettivi coinvolti nel recupero della memoria da rimuovere.

Questo processo è ben diverso dal semplice ignorare qualcosa o distrarsi. La cosiddetta “rimozione passiva” — come distogliere l’attenzione da un ricordo — è molto meno efficace. La rimozione attiva invece comporta un’azione volontaria e precisa, in grado di indebolire la traccia mnestica fino a renderla irrecuperabile o irrilevante.

Le implicazioni di questa scoperta sono profonde, soprattutto nel campo della salute mentale. Chi soffre di disturbo da stress post-traumatico (PTSD), di pensieri intrusivi o di ruminazioni ossessive potrebbe trarre grande beneficio dalla comprensione — e un giorno forse dall’allenamento — di questa capacità. Imparare a “spegnere” selettivamente le memorie nocive non significa negare il passato, ma difendere la mente da contenuti tossici che interferiscono con il presente.

Certo, dimenticare non è sempre la scelta giusta. I ricordi dolorosinse elaborati, possono diventare risorse di crescita. Ma nei casi in cui la sofferenza non lascia spazio all’elaborazione, sapere che il cervello ha un proprio meccanismo di auto-protezione rappresenta una speranza concreta.

Tale studio apre una finestra su come potremmo un giorno affinare la nostra capacità di gestione della memoria. Come un archivista consapevole, il nostro cervello può non solo custodire ciò che ci serve, ma anche liberarsi di ciò che ci danneggia. E probabilmente in questa sottile arte del dimenticare, si nasconde un segreto per vivere meglio.

Scritto da: Marco Naponiello

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