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Non è quanto, ma come: il vero pericolo degli schermi per gli adolescenti. Di Chiara Vergani 

today23 Giugno 2025 45 5

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Non è quanto, ma come: il vero pericolo degli schermi per gli adolescenti. Di Chiara Vergani 

Per anni ci siamo preoccupati del tempo che i ragazzi passano davanti agli schermi: troppe ore sui social, troppe partite ai videogiochi, troppi messaggi sul cellulare. Una nuova ricerca appena pubblicata su JAMA ci invita a guardare oltre. Il vero pericolo non è la quantità di tempo che i giovani passano online, ma il modo in cui utilizzano quella tecnologia.

Lo studio, condotto da un team di ricercatori delle università di Weill Cornell, Columbia e Berkeley, ha seguito oltre quattromila ragazzi tra i nove e i quattordici anni. I risultati parlano chiaro: sono i comportamenti compulsivi legati agli schermi a costituire un serio rischio per la salute mentale. Non tanto dunque le ore trascorse online, quanto piuttosto l’uso che diventa un rifugio, una dipendenza, una via di fuga.

I segnali sono facilmente riconoscibili: fatica a staccarsi dal cellulare, disagio quando si è offline, bisogno costante di controllare notifiche, scorrere contenuti, giocare per ore. In questi casi l’uso dello schermo diventa qualcosa di più profondo e potenzialmente pericoloso.

I dati sono allarmanti: gli adolescenti che mostrano un uso sempre più compulsivo di social media, videogiochi o smartphone hanno fino a tre volte più probabilità di sviluppare pensieri suicidari rispetto a chi mantiene una frizione più equilibrata. Spesso questi ragazzi riportano anche sintomi di ansia, depressione, irritabilità e comportamenti aggressivi.

Molti genitori reagiscono con regole rigide: via il cellulare, divieto di social, limiti strettissimi. Tuttavia tale strategia, da sola, non funziona, anzi può peggiorare la situazione. I ricercatori spiegano che non è il divieto a risolvere il problema, ma la comprensione del bisogno che c’è dietro. Perché un ragazzo diventa dipendente dallo schermo? Cosa sta cercando di evitare? Quale vuoto sta cercando di riempire?

Questa ricerca ci chiede di cambiare prospettiva: di smettere di contare le ore e iniziare ad ascoltare, di guardare non il “quanto”, ma il “come” e il “perché”. E ci ricorda una verità spesso dimenticata: dietro a ogni abuso c’è un disagio. Il compito degli adulti non è punire, ma capire e accompagnare.

Cosa possiamo fare, concretamente? Osservare non tanto il tempo, ma le reazioni emotive dei ragazzi quando non possono usare i dispositivi, parlare, aprire spazi di confronto senza giudizio. Offrire alternative: sport, relazioni vere, esperienze concrete e se emergono segnali di sofferenza, non esitare a chiedere aiuto.

Il digitale fa parte della vita dei ragazzi, e non possiamo né eliminarlo né demonizzarlo, ma possiamo insegnare loro – e forse anche a noi stessi – a usarlo in modo sano, consapevole, libero. Uno schermo non deve mai diventare un rifugio dalla vita, ma semmai uno strumento per viverla meglio.

Scritto da: Marco Naponiello

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