“LACRIME IPOCRITE DEI SOLITI COCCODRILLI” – IL CASO DEL GIUDICE PALERMO (di Angelo Voza) 
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“LACRIME IPOCRITE DEI SOLITI COCCODRILLI” – IL CASO DEL GIUDICE PALERMO (di Angelo Voza) 

«La misura del valore di un uomo è data dal vuoto che gli si fa dintorno nel momento della sventura»
(Cesare Mori)

L’Italia dei pagliacci e dei dispensatori di lacrime di coccodrillo è pronta per commemorare il giudice eroe Giovanni Falcone, trucidato a Capaci nel 1992 dalla mafia (e non solo), con la moglie Francesca Morvillo, magistrato, e tre colleghi delle scorte, i suoi angeli custodi. Dopo poche settimane gli stessi pagliacci e dispensatori di lacrime di coccodrillo ripeteranno la stessa scenografia per commemorare il caro ed indimenticabile dottor Paolo Borsellino, di cui mi onoro aver conosciuto e collaborato in alcune inchieste delegate quando era Procuratore della Repubblica a Marsala, trucidato nella strage mafiosa (e non solo) di via d’Amelio con i suoi angeli custodi.   Stranamente, sempre questi pagliacci e dispensatori di lacrime di coccodrillo, ignorano, forse volutamente, che potrebbero NON commemorare un altro magistrato. Magistrato NON ucciso in un attentato mafioso (e non solo), ma scampato per miracolo ad oltre 150 kg di esplosivo.  Questi pagliacci e dispensatori di lacrime di coccodrillo avrebbero la possibilità di abbracciare fisicamente un magistrato scampato ad un’auto bomba in quella maledetta strage di Pizzolungo nell’aprile del 1985 dove morirono, purtroppo, tre vittime innocenti. Una madre, la signora Barbara Asta, ed i suoi due gemellini di sei anni, Giuseppe e Salvatore.  Hanno addirittura la possibilità di parlare con il magistrato Carlo Palermo, e ce l’hanno da più di trent’anni, ma stranamente l’hanno dimenticato.  Eppure Carlo Palermo è un Giovanni Falcone mancato. Carlo Palermo è un Paolo Borsellino mancato. Carlo Palermo è un Rocco Chinnici mancato. Appare molto strano tutto ciò. Piangono e si commuovono, giustamente, per i due eroi Falcone e Borsellino e gli agenti delle scorte che non ci sono più, mentre potrebbero avere la testimonianza di Carlo Palermo quale simbolo vivente di giudice scampato ad un attentato mafioso (e non solo mafioso). Ed invece cosa fanno i sopra citati attori piangenti? Lo ignorano. Rinchiusi nel più assoluto silenzio lo evitano. Ma perché? È scomodo? Certo che è scomodo. E perché è scomodo? Ovvio. Perché è rimasto vivo.  Carlo Palermo rimasto vivo nell’attentato ha rovinato ai “farisei di turno” la possibilità di partecipare ad un’altra commemorazione nella quale avrebbero versato altre lacrime di coccodrillo.  Questo modo di agire rappresenta l’altra faccia della mafia. Quella mafia che oggi opera in tutta la Penisola e che abbiamo affrontato a testa alta, accorgendoci che fiancheggiavano i nostri nemici anche molti colletti bianchi collusi. Personaggi grigi, dei Giuda della Costituzione, che avevano deciso di collocarsi dall’altra parte della barricata. Quella vicina alla mafia. Poteri occulti deviati, massoneria sporca e politica corrotta. Oggi l’Italia è diventato il Paese delle commemorazioni. Un Paese serio ed onesto i suoi uomini migliori, i suoi eroi, se li protegge e li mantiene in vita a tutti i costi. Non li fa uccidere e massacrare per interessi sporchi. Sporchi più delle loro facce.  Il nostro è un Paese ipocrita dove i figli di belve mafiose scrivono libri per raccontare la figura del proprio padre, tutto casa e chiesa (noi aggiungiamo “e lupara”), e che vengono addirittura invitati a presentare il proprio capolavoro “opera prima ed unica” addirittura nelle TV RAI nazionali, in seguitissimi programmi in prima serata per parlare del proprio caro paparino. Mentre un magistrato come Carlo Palermo, vittima di mafia neppure se lo filano perché scomodo in quanto rimasto vivo, scampato a quell’attentato.  Fatto molto curioso è che sarebbe tra i mandanti della strage di Pizzolungo a cui Carlo Palermo è sopravvissuto, condannati in via definitiva all’ergastolo, c’è proprio il “paparino” di quel novello piccolo scrivano corleonese invitato nei salotti buoni della TV nazionale.  Dove sono i giornalisti d’inchiesta. Dove sono i programmi televisivi d’inchiesta. Sono in colpevole letargo in quanto è meglio parlare di eroi che non ci sono più e non mostrare, non far parlare, non far ragionare, un magistrato miracolosamente rimasto in vita dopo un terribile attentato. Potrebbe diventare un simbolo vivente e qualcuno non vuole permettere ciò per finalità oscure, ma chiare per chi conosce bene i fatti che sono ben celati dietro agli ultimi quarant’anni della storia di questo sfortunato Paese chiamato Italia.