QUARANT’ANNI FA MORIVA PIETRO NENNI, “PADRE” DELLA REPUBBLICA
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QUARANT’ANNI FA MORIVA PIETRO NENNI, “PADRE” DELLA REPUBBLICA

Articolo tratto da Agi.it

Cade in questi giorni il quarantennale della sua scomparsa, avvenuta nella notte tra il 31 dicembre 1979 e il 1 gennaio 1980, l’uomo politico che più ha voluto e lottato per la Repubblica.

Nato a Faenza il 9 febbraio del 1891 in una famiglia povera, ha cinque anni quando perde il padre. Il piccolo Nenni cresce tra l’insofferenza verso le rigide regole dell’orfanotrofio e la voglia di tuffarsi nelle battaglie sociali che agli inizi del ‘900 sconvolgono l’Italia. Ha solo nove anni quando, subito dopo l’attentato mortale a re Umberto I da parte dell’anarchico Gaetano Bresci, scrive sui muri dell’orfanotrofio: “Viva Bresci”.

Quel giorno comincia la sua militanza repubblicana. Appena maggiorenne organizza scioperi nella sua terra e viene ripetutamente condannato per i suoi articoli al vetriolo e i discorsi infuocati contro la monarchia. Durante un ‘soggiorno’ nel carcere di Forlì conosce Benito Mussolini, entrambi erano stati arrestati per una manifestazione contro la guerra in Libia. Allora il futuro Duce è un socialista, rivoluzionario e massimalista, tra i più influenti del Paese.

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La Grande Guerra è il primo spartiacque della sua vita. Quando cominciano a sparare i cannoni Nenni è ancora repubblicano, ma a guerra finita si avvicina al Partito socialista. In molti lo guardano con sospetto, ma Serrati, il leader della corrente massimalista, gli spalanca le porte dell’Avanti! e del partito.

Ironia della sorte vuole che la prima grande battaglia politica nel partito, Nenni la conduce proprio contro Serrati. Quest’ultimo, dopo aver espulso i riformisti di Turati, intende fondere il Psi con il Pci per essere accettato nell’Internazionale comunista. Nenni non ci sta e lo accusa di voler liquidare il partito. Nel 1923 si tiene il XX Congresso e le due linee si scontrano. Vince Nenni e l’autonomia del Psi è salva.

Tre anni dopo fonda il Quarto Stato, un giornale socialista clandestino, assieme a Carlo Rosselli. Pochi mesi dopo, però, l’emanazione delle Leggi Fascistissime lo costringe a lasciare l’Italia e a riparare in Francia. Comincia un lungo esilio che dura quasi 20 anni. Nenni non si abitua mai alla vita dell’esule e continua a pubblicare l’Avanti! a Parigi e a Zurigo. Nel 1930 è il maggiore protagonista della ritrovata unità fra riformisti e massimalisti e nel 1934 è in prima fila per la firma del Patto d’unità d’azione con il Pci.

Quando allo scoppio della seconda guerra mondiale la Francia cade ed è invasa dalle truppe naziste, Nenni si stabilisce sui Pirenei, vicino al confine con la Spagna. Stampa “Il Nuovo Avanti!” e lo distribuisce clandestinamente. “Non è solo la coscienza del dovere a farmelo fare, ma la vergogna che avrei di me a stare con le mani in mano”, scrive sul diario. Non ha intenzione di fuggire, ma intende proseguire la lotta: “Ci sono nella vita – spiega – delle testimonianze da rendere, alle quali non ci si puo’ sottrarre”.

Alla vigilia del suo 52esimo compleanno viene arrestato dalla Gestapo. Dovrebbe essere deportato o fucilato, e invece, dopo un mese di spasmodica attesa in carcere, viene spedito in Italia e mandato al confino a Ponza. È stato il suo vecchio amico Mussolini a salvarlo da una morte sicura? Forse, ma non ci sono documenti ad accertarlo.

Non appena gli anglo-americani sbarcano in Sicilia torna libero e si dedica alla riorganizzazione del partito socialista, del quale viene nominato segretario. A guerra finita è sconvolto da una tragica notizia: la figlia Vittoria è morta circa un anno prima ad Auschwitz. Nenni è distrutto dal dolore ma continua la sua battaglia per la repubblica e il socialismo con una decisione estranea a tutti gli altri leader politici, tanto che di lui Francesco Saverio Nitti dice: “In Italia c’è un solo rivoluzionario: Nenni. Per fortuna c’è Togliatti a moderarlo”.

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Alle elezioni del 1946 per l’Assemblea Costituente il partito socialista ottiene il 20,7% dei voti, mentre il Pci il 18,9%. Solo la Dc va più forte con il 35,2%. La scelta di Nenni senza ambiguità per la Repubblica, che trionfa sulla monarchia, ha premiato. L’anno dopo, però, iniziano i problemi. Il disaccordo sull’alleanza con il Pci portera’ la minoranza riformista di Saragat ad uscire dal partito e a dare vita al Psli (poi Psdi).

Nenni, davanti alla grave emorragia di quadri dirigenti, pensa di rimediare dando vita a liste uniche con i comunisti, ma è un disastro. Alle politiche del 1948 l’alleanza, ribattezzata Fronte popolare, ottiene il 31% dei voti, ma su 183 deputati eletti solo 45 sono socialisti. È l’inizio di una sudditanza ideologica del socialismo italiano al comunismo, che dura fino al 1956. Quell’anno, dopo che Kruscev denuncia i crimini di Stalin e che i carri armati sovietici sedano nel sangue la rivolta di Budapest, Nenni decide di rompere l’alleanza con il Pci e condanna l’intervento di Mosca.

L’alleanza con la Dc e il ‘centrosinistra’ all’inizio degli anni ’60 per Nenni e’ una ‘dolorosa necessità’. Il leader del Psi coltiva l’idea di uno splendido isolamento del Psi per accreditarsi come valida alternativa di governo, ma i fatti non gli consentono di mantenere a lungo questa tattica. Il governo Tambroni e le continue minacce di una svolta autoritaria nel Paese impongono a Nenni una scelta: o rischiare di perdere la democrazia o traghettare i socialisti nella “stanza dei bottoni”. E fra le due strade Nenni sceglie la seconda.

Qualche anno dopo è ancora il protagonista, assieme a Saragat, della fusione di Psi e Psdi nel Psu. L’esperimento si rivela però un fallimento, anche a livello elettorale, e dopo appena due anni i due partiti di scindono di nuovo. “Ho sbagliato tutto”, disse pochi giorni prima di morire nella notte di San Silvestro. In realtà almeno la battaglia per la Repubblica è riuscito a vincerla e non è stata poca cosa.

 

(Fabio Florindi)