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Minori e omicidi: l’allarme che l’Italia non può più ignorare. Di Chiara Vergani
Nel 2024 l’Italia si è svegliata di fronte a un dato che scuote nel profondo: il numero di omicidi commessi da minori è più che raddoppiato nel giro di un solo anno. Un passaggio inquietante dal 4% del 2023 all’11,8% del 2024, che tradotto in numeri significa un salto da 14 a circa 35 omicidi su scala nazionale. Se si considera che il totale degli omicidi in Italia è addirittura calato, l’aumento relativo dei reati più gravi compiuti da adolescenti risulta ancora più preoccupante.
L’allarme è stato lanciato con forza durante il secondo Congresso nazionale della Società italiana di psichiatria e psicopatologia forense (Sippf), tenutosi ad Alghero. Gli psichiatri forensi parlano di un’emergenza che si consuma nel silenzio, spesso sottovalutata, ma che sta esplodendo con forza nelle aule dei tribunali e sulle pagine di cronaca nera. E non si tratta di casi isolati. Le vittime minorenni inoltre sono anch’esse in crescita, passando dal 4% al 7% del totale.
Dietro questi numeri ci sono storie drammatiche di giovani abbandonati, fragili, talvolta vittime loro stessi prima di diventare carnefici. Giovani che crescono in contesti familiari disfunzionali, segnati da abusi, trascuratezza o violenza. Ragazzi che fanno uso di sostanze fin dalla preadolescenza, che vivono una doppia diagnosi, disturbo psichiatrico e tossicodipendenza, spesso in assenza di una rete sanitaria integrata e funzionale.
Secondo gli psichiatri della Sippf, la situazione è frutto di una crisi sistemica. La neuropsichiatria infantile è sottofinanziata da anni, la psichiatria per adulti non si occupa dei minori, e i Dipartimenti di Salute Mentale sono frammentati, disarticolati, privi di una visione unitaria. Non esiste una presa in carico reale, continua, né spazi adeguati per accogliere adolescenti in difficoltà. Pertanto quando l’urgenza esplode, non ci sono strumenti sufficienti per contenere il rischio e prevenirne le conseguenze più estreme.
Uno dei temi centrali emersi durante il Congresso è proprio quello della doppia diagnosi: la coesistenza, nei giovanissimi, di un disturbo psichiatrico e del consumo di droghe. Secondo una recente revisione internazionale, circa l’80% degli adolescenti che fanno uso di sostanze, presenta anche un disturbo psichico. Tuttavia solo una minima parte degli studi, meno del 10%, si concentra espressamente sulla fascia minorile, riflettendo una preoccupante sottovalutazione anche a livello scientifico.
A rendere ancora più complesso il quadro c’è la questione migratoria: molti giovanissimi immigrati, arrivati in Italia senza famiglia e con esperienze traumatiche alle spalle, finiscono rapidamente inghiottiti da reti criminali, spaccio, e violenza. Anche in questo caso mancano strumenti di accoglienza, di supporto psicologico e di tutela.
Gli psichiatri forensi sono chiari: serve un intervento urgente da parte delle istituzioni: non solo fondi, ma progettualità, strutture ibride, personale formato. Serve un sistema che comunichi tra neuropsichiatria infantile e servizi per le dipendenze, che eviti i rimpalli, che accompagni davvero i ragazzi nel loro percorso di cura e reinserimento. Non si può continuare a sorprendersi leggendo i titoli di cronaca. È necessario fare opera di prevenzione, perché quando un adolescente arriva al gesto estremo dell’omicidio, il fallimento non è solo individuale: è collettivo.
Ripensiamo a una società che non ha saputo ascoltare, vedere, intervenire e che ora si trova a fare i conti con un’emergenza che poteva e doveva essere fermata prima.
Scritto da: Marco Naponiello
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