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Perché gridiamo? Le radici neurologiche delle esplosioni emotive. Di Chiara Vergani
In un momento di tensione tutti possiamo aver alzato la voce: un litigio familiare, una discussione sul lavoro, o semplicemente una giornata storta. Ma cosa accade davvero nel nostro cervello quando gridiamo? E perché a volte è così difficile controllare l’impulso di urlare, anche se razionalmente sappiamo che non porterà a nulla di buono?
Secondo un recente studio urlare può rappresentare una risposta automatica del cervello allo stress, un comportamento legato più alla sopravvivenza che alla volontà cosciente. In altre parole, quando gridiamo non sempre lo facciamo per deliberata cattiveria o per manipolare chi ci sta intorno, ma perché il nostro sistema nervoso è sopraffatto e reagisce in modo impulsivo.
Gli scienziati hanno osservato che in situazioni di forte pressione, il cervello può perdere temporaneamente la capacità di regolare in modo efficace le emozioni. Questo avviene soprattutto quando la corteccia prefrontale — la sede del pensiero razionale e del controllo — è “messa fuori gioco” dall’amigdala, l’area cerebrale responsabile delle risposte di attacco o fuga. In pratica il cervello interpreta lo stress come una minaccia e risponde con un’esplosione emotiva. Urlare non è solo una questione di impulsi, può avere anche radici profonde nell’esperienza personale e nei modelli appresi. Se un individuo è cresciuto in un ambiente dove la comunicazione aggressiva era la norma, è più probabile che adotti lo stesso stile nelle proprie relazioni. Questo non giustifica comportamenti abusivi, ma aiuta a comprenderne la complessità.
Spesso le persone che urlano non hanno una strategia consapevole, poiché agiscono in base a impulsi primitivi per ripristinare una sensazione di controllo. In tale ottica gridare può essere visto come un tentativo maldestro di “regolare” una situazione che ci appare fuori controllo.
Tuttavia esistono alternative più sane per gestire lo stress e le emozioni forti. Tecniche come la respirazione profonda, la mindfulness, o anche una semplice pausa prima di rispondere, possono aiutare a disinnescare la reazione automatica. La consapevolezza è il primo passo: se riconosciamo i segnali fisici e mentali del nostro stress, possiamo scegliere risposte più costruttive.
È importante ricordare che l’urlo può avere conseguenze serie nelle relazioni: può ferire, creare distanza e danneggiare la fiducia. Comprendere le motivazioni neurologiche che stanno dietro a questo comportamento, può aiutarci ad affrontarlo con più empatia e responsabilità, sia verso noi stessi che nei confronti del prossimo.
Gridare dunque è un campanello d’allarme che ci invita ad ascoltare ciò che il nostro corpo e la nostra mente cercano di comunicarci.
Scritto da: Marco Naponiello
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