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Quando il cervello dorme ma non riposa: una nuova frontiera nella diagnosi precoce dei disturbi neurologici. Di Chiara Vergani.
Siamo abituati a pensare al sonno come a un momento di completo riposo per mente e corpo invece il cervello anche durante le ore notturne, rimane straordinariamente attivo. Questa attività “silenziosa” potrebbe custodire le prime tracce di malattie neurologiche ancora invisibili ai sintomi.
Una nuova ricerca condotta dalla neuroscienziata Karolina Armonaitė dell’Università tecnologica di Kaunas (KTU), in Lituania, porta alla luce come la mappatura elettrica della corteccia cerebrale durante il sonno, possa rappresentare una chiave innovativa per diagnosi più precoci e interventi più mirati.
Utilizzando rari dati di elettroencefalografia intracranica (sEEG), raccolti da 55 pazienti sottoposti a neurochirurgia per epilessia resistente ai farmaci, il team ha analizzato i segnali cerebrali in assenza di stimoli esterni, anche nelle varie fasi del sonno. Il risultato? Ogni area della corteccia mostra una “firma elettrica” specifica, stabile e riconoscibile, persino a riposo.
Questa suddivisione funzionale della corteccia cerebrale — nota come parcellizzazione — non è un concetto nuovo: risale agli studi di Korbinian Brodmann del primo Novecento. Tuttavia i metodi computazionali moderni permettono ora di leggere questi “confini invisibili” con una precisione senza precedenti, sfruttando la distribuzione delle frequenze elettriche in modo scalare.
Armonaitė sottolinea l’importanza di queste scoperte nel riconoscere segnali precoci di condizioni come Alzheimer, schizofrenia o disturbi del sonno. Le lievi alterazioni nelle connessioni cerebrali o nelle dinamiche sinaptiche, difficili da cogliere con i metodi diagnostici classici, potrebbero invece diventare evidenti grazie a questi nuovi modelli.
La ricercatrice spiega ad esempio, come nella schizofrenia si osservi una rottura della sincronizzazione tra diverse aree cerebrali, mentre nel morbo di Alzheimer i primi cambiamenti funzionali si verificano in regioni corticali specifiche, molto tempo prima dei sintomi cognitivi.
L’obiettivo futuro è ambizioso: creare veri e propri “gemelli digitali” delle aree corticali — modelli virtuali capaci di simulare il comportamento di una regione del cervello in risposta a stimoli o trattamenti, come la neurostimolazione. Ciò potrebbe rivoluzionare la medicina personalizzata, portando a terapie neurologiche su misura per ogni paziente.
Un’altra applicazione concreta riguarda la diagnosi dei disturbi del sonno. Laddove oggi si utilizzano valutazioni generiche, una mappatura precisa dell’attività corticale potrebbe identificare con maggior esattezza le aree cerebrali disfunzionali, rendendo la diagnosi più mirata e l’intervento più efficace.
In sintesi la ricerca dimostra che anche nel silenzio del sonno, il cervello parla — e forse ci sta già dicendo molto di più di quanto immaginiamo. Ascoltarlo meglio grazie alla scienza, potrebbe salvarci la mente prima ancora che si ammali.
Scritto da: Marco Naponiello
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