“LA VANITÀ E LA NATURA AL TEMPO DEL CORONAVIRUS”: LA RIFLESSIONE DI LAURA AVELLA
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“LA VANITÀ E LA NATURA AL TEMPO DEL CORONAVIRUS”: LA RIFLESSIONE DI LAURA AVELLA

Riceviamo e volentieri pubblichiamo, un’ennesima disamina riguardante aspetti di riverbero ma non meno interessanti, della crisi sanitaria Covid-19, stavolta con un focus sugli aspetti sociali narcisi, insieme ad una riscoperta generale della Natura, momento felice che si registra in questo periodo.

Una disamina redatta come ogniqualvolta, in maniera esemplare da Laura Avella, rinomato avvocato partenopeo di origine cilentana (Perdifumo), ma specialmente ella è una collaboratrice della casa editrice “Il Saggio” e  parimenti dell’omonima storica rivista di Eboli.

L’avvocato Avella è attiva da tempo anche nel mondo culturale cilentano,  infatti riveste il ruolo autorevole d’associata di ViviCilento, sodalizio provinciale che promuove il territorio e le migliori tradizioni del Cilento.

BUONA LETTURA!

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Un’abitudine maniacale si è concretizzata negli ultimi anni, e lo specchio non riflette l’animo, ma solo l’immagine, è passato in secondo piano per fare spazio ai selfie.

L’idea che si percepisce attraverso i social è che non vi è un dialogo che possa sopperire l’immagine.

Quando le immagini vengono raccolte durante la giornata e con facce felici esposte in bella posa …. nulla viene più raccontato, tutto viene immediatamente inviato, senza neppure il tempo di godere quanto si inoltra. Non si può più dire “cogli l’attimo” come un riempirsi di emozioni, ma “cogli e passa al prossimo tuo” tanto perché possa ovviamente invidiare all’istante per quell’istante.

Che cosa si può dire quando si espone in bella mostra ciò che appare gratificante, quando l’essere umano si immortala, non lasciando spazio ad alcuna immaginazione, se non per far rilevare all’occhi altrui l’ultimo ritocco o un artificio tecnico?

Ma l’alterazione della propria immagine non interessa affatto all’autore, perché lo scopo ultimo è tramandare un’identità costruita ad arte perché, possa suscitare interesse, ammirazione e piacere.

La vanità diceva Blaise Pascal <<è così radicata nel cuore dell’uomo, che ciascuno di noi vuole essere ammirato>>

Ma questo orgoglio, frutto solo del superbo amor proprio, con la presentazione dell’immodestia, che ambisce ad ostentare con boria ed arroganza una perfetta “vanagloria”, ha trascinato il social ad essere la finestra dalla quale ci si affaccia non più per salutare, per dialogare, ma per farsi ammirare o almeno si spera che ciò accada.

La vanità che fino al XIV secolo era ritenuta soltanto come futilità, e con il passare degli anni il termine divenne oggetto di studio tanto più, quanto la voglia di apparire dell’essere umano, diventava sempre più patologica.

Stimolato dalla tecnologia, l’essere umano ha posto in primo piano la cura del corpo, non come un mezzo di civiltà inteso come igiene, ma esclusivamente come miglioramento della persona solo dal punto di vista estetico.

Nel XIX secolo si iniziò a studiare il fenomeno del narcisismo, come elemento che iniziava a diventare predominante nella mente umana, tanto più si concretizzava nell’essere umano la considerazione che essere ammirato per la sola presenza fisica avesse una predominanza rispetto alle proprie capacità o alle proprie idee.

La pandemia ha sottratto all’essere umano il perverso potere della comunicazione attraverso l’immagine.

Infatti quella riga bianca di ricrescita tra i capelli di lei, la barba incolta di lui, l’abbigliamento casalingo, nulla più di questa nuova versione della realtà, viene reputato idoneo alla proiezione della immagine sui social.

E dunque quello che è accaduto è stato spostare l’attenzione sulla futilità dell’estetica, a “postare” i cibi come se fosse una gara senza premi, ma solo di calorie per proiettare nell’etere le proprie capacità culinarie.

I chili di troppo e i visi assonnati non sono oggetto di “condivisione”.

Che strana la gente…. che dona potere all’illusione.

Niente è più importante di credere nell’immortalità della propria immagine, e con un vuoto senso di pudore non venir postato nulla di cui la rete di fb possa restituire, in un prossimo futuro il ricordo da ri-condividere.

Ebbene, quell’imbroglio dell’immagine truccata, ritoccata ed impostata non si vede da tempo. I centri estetici chiusi hanno determinato che la superficialità si è trasformata in pudore, determinando un calo dell’autostima, che non riesce più a corroborarsi con tecniche artigianali e casalinghe di “trucco e parrucco”, per cui le maschere cadono dai volti, e non si  trovano più i  coraggiosi dello scatto facile.

L’uomo non riesce a trovare se stesso e, mentre negli ospedali gli esseri umani lottano tra la vita e la morte, sospesi tra la precarietà di un presente, come soldati in trincea, dove il destino non dipende dalle proprie capacità, a casa non tutti gli esseri umani hanno compreso il problema e, molti soffrono solo per le restrizioni preventive, intolleranti dei divieti e indifferenti delle sofferenze altrui , in attesa trepidante che si possa tornare ad affollare i luoghi del divertimento, ma prima di essi una ripresa della vanità.

Eppure finita la guerra, i sopravvissuti uscivano a contare le macerie ed i morti, oggi mentre l’essere umano a guerra non terminata, con un nemico ancora virulento, attende con ansia di nutrire le fila delle attività commerciali.

Dinanzi allo scenario triste, molti non sono in grado di abbandonare l’idea dell’inutile e futile, e di elevare l’animo e tornare in armonia con il mondo.

La bellezza del sole, non per abbronzarsi, la forza dell’acqua, non per andare al mare, non rientrano nelle priorità dell’essere umano, neppure in questo momento di grande sconforto.

L’uomo si illude per vanità di essere al centro del mondo, ma non comprende che la sua esistenza è solo di passaggio come un’ombra che scompare senza concretezza, al contrario della natura che resta sovrana.   

Chuan Gtzu ci dice che gli uomini non possono vedere il loro riflesso nell’acqua ma, solo nell’acqua stagnante.

Laura Avella

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