LAURA AVELLA RACCONTA: LA DIGNITÀ DEL BANCO DEI PEGNI AL TEMPO DEL CORONAVIRUS
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LAURA AVELLA RACCONTA: LA DIGNITÀ DEL BANCO DEI PEGNI AL TEMPO DEL CORONAVIRUS

Continuano i grandi appuntamenti con l’avvocato Laura Avella, che abbiamo già degnamente presentato nelle passate settimane: questa volta l’intellettuale cilentana ci ripropone un problema di ordinaria disperazione, quello di tante famiglie e  piccoli imprenditori i quali per poter fronteggiare alle spese giornaliere post quarantena, sono tornati a dare in garanzia al banco dei pegni i  loro gioielli di famiglia.

Difatti  quivi, giovani, meno giovani, vecchi, tutti in fila in specie nelle grandi città; una scena che appartiene ad altre tristi epoche, ma che sta ritornando di moda, come anche le cambiali, per fronteggiare i bisogni basilaci causati dalla crisi del coronavirus

 

La dignità ed il Banco dei Pegni al tempo del coronavirus

La via della povertà è un percorso doloroso e soltanto chi non è abituato alle restrizioni non puo’ comprendere.

In questa vita di sacrifici l’essere umano non trova una giusta direzione, e ci sono uomini che non sono fortunati né hanno fortuna, come dicevano gli antichi romani.

Avere o essere. Non è un ballo tra le incertezze amletiche, ma una sfida dell’umanità verso la dignità.

Un lavoro, una casa e una famiglia questo era il futuro che cercavano i giovani di un tempo, e spesso benché preparati e capaci  la strada risultava sempre lunga.

L’arte di arrangiarsi per qualcuno è  tenersi impegnati con la falsa speranza di un futuro certo  tra tante incertezze. Un lavoro, un concorso e un impiego a tempo determinato.

Beh l’Italia del posto fisso , ormai è anch’ essa una chimera.

E mentre la società avanza con tecnologie sempre più articolate e volge verso un futuro, c’è chi resta indietro e non riesce a stare al passo con i tempi.

Giovani ed anziani uniti in un’unica barca verso un sogno : arrivare a riva sani e salvi, così come sperano  i profughi che ancora oggi fuggono dalle guerre e dai soprusi ed approdano alle ns. coste indifferenti del  virus in corso.

Non servono gli esempi di un passato, quando la terra produceva buoni frutti e dal nonno al nipote la casa e la famiglia erano  un ‘unica risorsa tutti insieme tra  tradizioni e affetti.

Oggi la modernità ha cambiato le vite degli esseri umani, esistono i singoli e le proprie identità, e quando i singoli non riescono a trovare la strada della sicurezza e della capacità di essere produttivi per sé stessi e anche per il proprio futuro di essere umani.

Non aiuta il ricordo del giovane ricco  Francesco di Assisi, che scelse di vivere in povertà e la stessa Povertà la invitò a nozze.

E non aiutano i detti : <non si vive di solo pane>,  Se il pane lo devi portare sulla tavola ai tuoi figli .

E’ vero la felicità non è avere ciò che si desidera, ma è desiderare ciò che si ha. (Oscar Wild)  .

Il problema è che tanti, molti e sempre di più non hanno nulla, e quel poco che hanno non basta.

 Alcuni uomini conoscono il dolore tanto da diventare un tutt’uno come  fratelli, come un dolore che incarna Caino  che affligge il povero Abele .

Certo il dolore per la indigenza incute tristezza e fa paura quando un figlio è malato, la moglie  sorride ma è smunta , la figlia non si sposa ed è sperduta e guarda senza guardare il sesso opposto, sperando di diventare invisibile. Non crede nella favola di due cuori e una capanna, quando c’è un mutuo da pagare.

Quando il dolore entra nella testa è difficile mandarlo via , ti trova sempre .

Ogni giorno sembra notte, ogni estate sembra inverno .

Allora ti avvii per quella angusta via della povertà dove con una buona dose anestetizzato dal coraggio, con la mano tremante cercavi la fede dei tuoi genitori che ti avevano lasciato in ricordo, la tua fede  che ormai ti scivolava dal dito,  perché saltare i pasti non è utile alla salute. Prendi tra le lacrime che non scendono sul volto ma in gola, i pochi oggetti d’oro regali della comunione dei tuoi figli, e come misero ladro, Ti avvi per “recuperare”    con questo estremo gesto che essere  indegno,  la dignità.

Chissà chi avranno salvato i due nobili frati Leonardo de Palma e Aurelio Paparo, quando mossi da compassione concedevano prestiti gratuitamente  strappando  dalle grinfie dei banchieri ebrei usurai, le persone bisognose e istituendo il Monte di Pietà?

Che magnificenza artistica i palazzi quello della Via  Giudecca (piazza Nicola Amore a Napoli) e gli altri Palazzi adibiti a Banco dei Pegni.

Arrivi e ti trovi sovrastato dalla bellezza infinita della porta della cappella con le statue del Bernini, che neppure sai che  rappresentano la Sicurtà e la Carità,  ma che sembrano darti coraggio nell’affrontare senza vergogna il tuo dolore e speranza che tra un anno ritornerai a riprenderti il tuo tesoro.

Intanto con il ricavato dal pegno che hai lasciato con tanta tristezza, questa sera potrai portare un sorriso di gioia sui volti scavati dei tuoi cari ignavi del tuo gesto.

Le cose che prima possedevi ora possiedono te e non esiste ricchezza assoluta, ma la ricchezza è avere pochi bisogni (Epitteto).

 Dunque sarai ricco solo di speranza , quando uscirai dal Monte di Pietà e ripercorrendo, con il cuore in gola la strada di casa, non dovrai vergognarti con il macellaio, potrai pagare il conto in sospeso, e  l’energumeno sbruffone che di carne si nutriva e di povera gente ne vedeva soffrire, senza avere per loro alcun cenno di tenerezza, prenderai il pacco di carne con orgoglio e sfida.

Anche tua moglie, che fa fatica ad alzarsi ogni mattina complici i brutti pensieri,  ti accoglierà  e non troverà parole per ringraziarti, non può abbracciarti, ma i suoi occhi sopra la mascherina si illumineranno, penserà che avrai trovato la “Via” giusta.

Non saprà e chissà fino a quando che quella che hai percorso è la Via della povertà .

Napoli 17.5.2020

Laura Avella 

 

(foto tratta copertina da ansa.it)

 

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