“VECCHIO AL TEMPO DEL CORONAVIRUS”: LA DISAMINA DI LAURA AVELLA
Salute Società

“VECCHIO AL TEMPO DEL CORONAVIRUS”: LA DISAMINA DI LAURA AVELLA

Riceviamo e volentieri pubblichiamo una ennesima collaborazione editoriale dell ‘avv. Laura Avella, riguardante la fragilità dell’essere anziani (“Senectus ipsa morbus”ovvero”la vecchiaia è per sé stessa una malattia”, secondo un antico adagio), che mai come la cronaca attuale quotidianamente reporta, si sta vivificando in tutto il suo orrore, che investe i tanti over 70 morti nelle residenze-case di riposo.

Una riflessione, dunque tra prosa e poesia come anticipato, vergata da Laura Avella, avvocato partenopeo di origine cilentana (Perdifumo), collaboratrice della casa editrice “Il Saggio” e dell’omonima storica rivista di Eboli.

L’avvocato Avella, lo ripetiamo sempre e con piacere, è attiva da tempo parimenti nel mondo culturale cilentano,  infatti essa è vicepresidente del”associazione ACIPeA-Cilento, la quale promoziona il territorio e le migliori tradizioni culturali dello stesso.

E Ti chiamano Vecchio…. recita una bellissima canzone.

È così crudele la realtà in questo periodo, che non si può non ricordare la svolta epocale di una decisione dell’essere umano, che muore in questa “guerra senza proiettili”.

Non bastava l’avanzare della tecnologia per tagliare fuori dalla realtà la generazione degli “anta”.

Non bastava l’aver subito il “crollo” della piramide della famiglia, dove l’esperienza rappresentava un “must”, oggi etichettata come “sermone”.

Non bastava che il nome di un genitore non fosse più utilizzato per il primogenito o per uno dei nipoti, quando con lo stesso nome si creava un legame familiare oltre che di sangue ed identificativo di un ceppo familiare.

Non bastava al genere umano aver archiviato con disinvoltura la tradizione che nulla si butta e, che tutto può comporre un “saporito minestrone”.

Non bastava che un “tesoretto” regalato ai figli e nipoti, fosse giudicato obsoleto e privo di gusto, dimenticando che la storia ci ha insegnato che in tempi di costrizioni sarebbe stato un “bene rifugio”.

Ed ecco che la notizia in TV e l’impennare dei social pongono il popolo cinese, oltre che invasore del settore economico, anche come portatore di malattie, tanto da accanire l’ultimo “bastardo” che fino a poco prima aveva riempito la casa di ogni oggetto “made in China” solo perché suggestionato da servizi pseudo giornalistici, aveva ritenuto che fosse giusto picchiare un orientale per punirlo simbolicamente di quanto stava accadendo nel nostro Paese e nel mondo.

Ebbene, il nostro Paese così come tutte le altre Nazioni sono cadute ad una ad una come birilli e, sicuramente anche il popolo Cinese è una vittima del sistema.

Dunque in questo spettrale scenario vengono colpiti senza difesa soltanto loro: i Vecchi.

Nessuno si è posto il problema etico-morale di aver condannato gli operatori sanitari come arbitri del destino altrui. Una scelta che pone il “giudice” in un baratro senza riscatto.

Un nodo da sciogliere. Così quanti sono i nodi che vengono posti nell’urna della Chiesa della Pietà dei Turchini a Napoli o in quella di S.S. Pietro Apostolo a Conca Campania o a Parete. Quanti nodi ha dovuto sciogliere la Santissima Vergine perché potesse dare la speranza di una vita migliore, come il pellegrino di turno Le chiedeva?

Ebbene negli ospedali del mondo si sono riversati esseri umani e non foglietti contenenti la preghiera di un intervento divino. Qui nella dinamica degli eventi storici, i nodi sono esseri umani e non pezzi di carta.

Qui l’anziano e la sua condizione psicofisica decadente è stata oggetto della “scelta” che ha favorito la giovane età non per perfezione o bellezza, come accadeva nell’Atene antica dove i giovani venivano preferiti agli anziani che si dovevano sacrificare perché la bellezza e forza fossero privilegiate.

Un privilegio macabro, tra una vita spezzata (del giovane) ed un trapasso certo (dell’anziano).

Dunque l’Anziano non ha la forza di reagire all’evento, anche se la sua forza lo ha sempre reso coriaceo nelle epoche più cruente e cruciali della storia dell’umanità.

Oggi, viene posto per cronologia anagrafica poiché è stato decretato che per lui il tempo sia scaduto.

Il tempo diventa crudele mannaia, non per le sole rughe, non per le gambe meno solide e, neppure per la distanza che si è creata tra l’esperienza e la tecnologia, ma un male che fa più male, quello di morire nella solitudine, senza neppure un fiore.

E la “tragica favola” si chiude ponendo tutti con le “spalle al muro” che diventa un muro del pianto, dove non ci saranno lacrime che possano bastare per lenire il dolore e lavare le coscienze.

(Laura Avella)

 

 

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