Storia del pane Carasau: di Sara Carvone
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Storia del pane Carasau: di Sara Carvone

Alla scoperta dei sapori di Sardegna

 Quanti di voi hanno visitato la Sardegna e hanno avuto il piacere di degustare il sopracitato pane Carasau? Oppure lo avete solamente sentito nominare e vi piacerebbe saperne di più? Ebbene, partiamo dal principio: del pane Carasau si hanno tracce sin dall’Età del Bronzo, vale a dire già prima del 1000 a.C e a testimoniarlo vi sono vari ritrovamenti, tra cui le attrezzature utili alla sua preparazione e i forni. Il suo nome è un richiamo all’ultima fase della preparazione, ovvero, la doppia cottura che gli consente di ottenere la tipica croccantezza. Nella lingua sarda infatti, la parola “carasau” vuol dire “tostato”. Ai giorni nostri però è principalmente legato ai pastori e alle migrazioni stagionali del bestiame dai pascoli di pianura all’alta montagna, perché costretti a stare parecchio tempo fuori casa, questo tipo di pane era il preferito per la sua lunga conservazione (può durare fino a tre mesi) e l’alto fabbisogno energetico. Ma come si prepara questa delizia? Gli ingredienti che vi servono sono: semola rimacinata di grano duro, lievito di birra, acqua e sale. Mentre la sua lavorazione si divide quattro fasi che vede innanzitutto la produzione dell’impasto, che avviene mescolando insieme tutti gli ingredienti, formando tanti panetti e stendendoli con il matterello a un disco sottile; la lievitazione, lunga e a più riprese, la cottura e, infine, la carasatura.il pane si cuoce a 200 °C per poi disporre i dischi d’impasto su una teglia rovesciata e rovente. Una volta pronto, puoi servirlo con salumi e formaggi oppure puoi condirlo con olio extravergine di oliva e sale.

 

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