QUARANTENNALE DEL SISMA CAMPANIA-BASILICATA: LA RIFLESSIONE DELLA SINDACA DI BATTIPAGLIA CECILIA FRANCESE
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QUARANTENNALE DEL SISMA CAMPANIA-BASILICATA: LA RIFLESSIONE DELLA SINDACA DI BATTIPAGLIA CECILIA FRANCESE

Sono trascorsi 40 anni ed è ancora vivo il ricordo di quel giorno che cambiò la nostra vita, trasformando le nostre giovani certezze in un improvviso senso di impotenza.
Erano poco oltre le ore 19:30 di una domenica qualunque del 1980. Ognuno di noi preso dalla sua quotidianità; chi, ad esempio, si accingeva ad uscire per trascorrere gli ultimi scampoli del fine settimana prima di tornare a lavoro e chi, invece, preferiva rilassarsi a casa, magari osservando la partita di calcio in tv.
Poi tutto cambiò.
Una scossa di terremoto fortissima, di magnitudo 6.9, con epicentro tra i comuni dell’Irpinia sconvolse nell’immediato la nostra quotidianità.
Il terrore si materializzò in novanta secondi.
Cosa sta succedendo? Si chiedevano in molti.
D’altronde, in quel tempo non c’erano le tecnologie attuali e quelle (poche) comunicazioni saltarono a seguito del sisma.
In pratica non fu subito chiaro l’entità del dramma. Questo sino al giorno seguente dove, purtroppo, si incominciò a comprendere la vera portata del disastro.
Quel titolo “FATE PRESTO” lanciato in prima pagina il 26 novembre dal quotidiano “Il Mattino”, raccogliendo il monito di quel grande Presidente della Repubblica che fu Sandro Pertini, rese definitivamente manifesto a noi tutti, ed all’Italia intera l’effettiva entità dell’evento.
Città rase al suolo. Migliaia di morti a cui si aggiunsero sfollati e feriti. Tutta la Campania e parte della Basilicata fu messa in ginocchio.
Presso il piazzale esterno dell’ospedale di Battipaglia l’esercito installò ben 17 tende per prestare soccorso ai numerosi feriti che giungevano dai comuni limitrofi.
Quanto, poi, accadde dopo è sotto gli occhi di tutti.
In tanti paesi dell’area colpita, rimangono le ferite fisiche e sociali del sisma e di una ricostruzione non sempre attenta!
Paesi abbandonati, realtà sradicate e ricostruite altrove con la perdita drammatica di memoria storica, di culture millenarie, di usi e tradizioni antiche che erano la vera ricchezza e elementi identificativi di quei paesi. Il tutto senza un vero ritorno in termini di sviluppo economico.
Le conseguenze si possono riassumere in una unica parola: emigrazione.
Il sisma del 23 novembre 1980 ci parla ancora oggi e ci ricorda l’importanza della “prevenzione sismica” e degli interventi di ricostruzione rispettosi delle terre dove intervengono.
Anche per questo quella data va ricordata, perché se non si realizza una svolta su questo terreno quei morti non saranno mai onorati davvero.