DODICI ANNI OR SONO MORIVA GINO BARONE: IL RICORDO STRUGGENTE DI GIUSEPPE PIEGARI
Eboli

DODICI ANNI OR SONO MORIVA GINO BARONE: IL RICORDO STRUGGENTE DI GIUSEPPE PIEGARI

Ci sono delle scomparse di giovani vite e dei funerali medesimi, che rimangono nella memoria collettiva di una comunità; sono quei commiati struggenti dedicati ad alcune persone, forse anche personaggi nell’accezione positiva, che nel lasso temporale della loro brevi esistenze, hanno lasciato un forte segno in coloro che li hanno conosciuti, ma allo stesso tempo in una intera comunità ove questi dimoravano.

Pertanto, senza temi di smentita o di esagerazioni, dettate in troppi  frangenti sulla base di svenevoli ricordi, è il caso di Luigi Barone, per tutti semplicemente “Gino” ebolitano doc; insegnante di educazione fisica, atleta, driver di auto e di moto, ma specialmente una persona dotata di una simpatia e di una empatia verso il prossimo, più unica che rara, “l’amico di tutti” per antonomasia, sempre pronto allo scherzo nelle celie, al conforto nelle difficoltà.

Orbene la sua tragica scomparsa per un maledetto accidente, ha fermato il tempo in quel maledetto 29 marzo 2008, straziando oltre i familiari, anche i cuori di migliaia e migliaia di ebolitani, i quali in un muto corteo e composto come mai si era visto prima nella città di S.Vito, lo hanno accompagnato all’ultima  sua dimora, marcando inesorabilmente quei momenti come memoria storica.

Invero anche lo scrivente ha avuto questo onore indelebile di conoscerlo, patendo moltissimo la sua prematura dipartita ed ancora oggi  gli rimane vivido nel  cuore la dolce  amicale rimembranza, chiedendosi quanto avrebbe potuto insegnargli l’amico Gino, nel percorso esistenziale.

Infine va sottolineato che persone come Gino Barone, non sono certamente comuni e parimenti non è comune la traccia che lasciano nell’esistenze altrui…

GINO VIVE!!!!

 

RICORDO SOCIAL DI GIUSEPPE PIEGARI

(Giuseppe Piegari)

Ciao, Gino…
Chissà come avresti vissuto questo periodo assurdo.
Tu che non potevi stare fermo, tu che eri brio ed energia, tu che eri vita in movimento.
Oggi, sono 12 anni che qui non ti vediamo.
Quante cose sono cambiate da quel maledetto sabato pomeriggio.
Personalmente, sento ancora nelle orecchie le urla disperate di mia madre, che cercava – senza riuscirci – di comunicarmi l’incomunicabile.
Per lunghe e drammatiche ore, non ci volli credere.
Di incidenti, ne avevi collezionati a bizzeffe: molti gravi, qualcuno assurdo. Perché non avresti dovuto farcela anche quella volta?
Invece, furono solo lacrime, incredulità e quel rombo di motori nell’ultimo saluto che ancora stringe l’anima.
No, non ebbi il coraggio di entrare in una Chiesa di Santa Maria straripante di popolo, lì dove ogni volta adesso rivedo l’immagine di te – sempre in piedi, in prima fila, nel giubbino di pelle – al funerale di zia Nina.
Quanto male stesti, quanta forza dovesti poi cacciare per sembrare quello di sempre, fino a quella maledetta ultima corsa.
Da allora, non hai mai smesso di mancare.
Succede così, sai, quando entri nel cuore delle persone. Ma per davvero, senza ombra di retorica.
Al punto che, ancora oggi, se si nomina “Gino”, subito si viene replicati “Barone?”.
Facile farsi ricordare da familiari ed amici, tu invece sei incastonato nella memoria di migliaia e migliaia di persone.
Non come mero retaggio del passato, ma come parte viva e privilegiata.
Tra tante coppe che ho vinto, ad esempio, tengo esposte solo due conquistate da te.
Lì, vicino ai modellini delle macchine che puntualmente mi regalavi quando ero piccolo.
Lì, a testimoniare che ci sei, ancora oggi.
Oggi, in questo periodo così triste e buio, quando serviresti molto di più, se possibile.
Chissà come lo avresti vissuto, caro Gino.
È difficile immaginarti oltre i 60 anni, figurarsi costretto a casa.
Ma, in mezzo a tutte queste cose che cambiano improvvisamente e che fanno male, tu resisti.
È una certezza. È una carezza.
E io e noi ne abbiamo bisogno.
Ovunque tu stia correndo, Lassù, sappi che qui non abbiamo mai perso la speranza di vederti tornare.
Basteresti tu, in fondo, a cambiare questo periodo assurdo. Solo tu.
Ciao, Gino…

(foto tratta da La Città di Salerno)