“Lucrezio ed il De rerum natura: un omaggio a Venere ed alla Primavera”: di Mariagrazia Toscano
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“Lucrezio ed il De rerum natura: un omaggio a Venere ed alla Primavera”: di Mariagrazia Toscano

Lucrezio (96 a.C. -55 a.C. circa) è stato uno dei maggiori poeti della letteratura latina. Il suo poema, il De rerum natura ha avuto partendo dall’Umanesimo in poi, una particolare fortuna sia per la bellezza dei suoi versi e sia per l’afflato laico che lo pervade pienamente, configurandosi come un poema epico-didascalico in esametri, suddiviso in sei libri, forse incompiuto a causa della sua prematura dipartita.

L’oggetto della sua poesia è l’esposizione della filosofia epicurea, che allora a Roma aveva un certo seguito; il suddetto poema è suddivisibile in tre parti che rispettivamente trattano di teoria degli atomi (libri I – II); l’anima e la modalità della conoscenza (libri III –IV); la dottrina del mondo (libri V – VI). Tra le parti del poema più interessanti sono prevalentemente da ricordare: l’inno a Venere, con cui si apre lo stesso, intesa non proprio come divinità tradizionale ma come potenza, creatrice della natura; la storia dell’umanità, nel V libro, in cui gli uomini passano da uno stato iniziale di natura ad uno sempre più raffinato di cultura è la famosa chiusa del VI libro dedicata alle perle di Atene del 430 a.C.

Il poeta nel de rerum natura, intesse una continuità, un legame tra le idee di amore, bellezza, nascita e primavera, dove questa felicità intrinseca che le unisce, offre loro forza e valore, facendola vivere. L’ansietà pervade l’animo di ognuno all’avvicinarsi della stessa e dell’amore, essendo stati creati per provare questa felicità, desiderarla, rallegrandoci nell’assistere allo sbocciare di un tenero fiore a marzo, nel sentire i tiepidi raggi del sole riscaldarci la pelle, dopo lunghi mesi a soffrire, soli e freddi, il periodo buio della nostra esistenza.

E’ proprio questo che egli ci porge, la realtà, la straordinaria sensazione di appagamento all’incedere con passo elegante della primavera, ma pure il riconoscimento dell’insignificante potere che l’uomo possiede nei confronti del mondo intero.

L’aria è calma e tiepida all’esordio della soave stagione, concedendo un senso di rilassamento ed estraneità dagli immancabili problemi quotidiani, dai pensieri turbolenti ed ansiosi dell’inverno, “il cielo pacato risplende di luce diffusa”, l’uomo e la natura, finalmente come per magia rinati alla loro condizione giovanile si liberano dolcemente dei loro trascorsi affanni, riprendendo forza, colore e vivacità.

Lucrezio, sempre parlando della nascita, dell’amore e della primavera, afferma che si risveglia nel suo animo un senso di fugace felicità, come la breve ma intensa durata di un amore o della giovinezza, lì dove egli avvertiva una particolare tensione nel sentirsi gradevolmente sfiorare dalla brezza primaverile, una sensazione ormai nota e tanto desiderata dagli uomini proprio per la sua delicatezza, il carico di felicità e l’aspettative di serene giornate, che porta con sé.

Primavera intesa come un viaggio, la scoperta di nuove terre, l’ineffabile mistero ed il desiderio di conoscere finalmente realizzato. Il turbamento degli uccelli, dei fiumi e dei fiori, di tutte le cose viventi capaci di comprendere quale possa essere il cambiamento. Un omaggio a Venere, la dea della bellezza e dell’amore, per antonomasia. I suoi immortali versi, non potranno mai tremare alla forza del tempo e del relativo cambiamento, con le sue sensazioni ed emozioni tramandate ai posteri, finché ci saranno autunni ed inverni, vita e morte e loro vivranno in noi, fino a quando noi vivremo con loro.

La felicità di primavera, guardandosi attentamente intorno, è quella della timida gemma, del germoglio, della rinascita, della creatività, della fioritura che fa una gradevole irruzione nel mondo visibile, quella dell’estate è quella tipica della maturità del frutto, del trionfo del sole, mentre quella dell’autunno appartiene alla singolare precezione del tramonto, della vendemmia dell’uva dorata, dei primi freddi, dell’inizio dell’addio alla luce. E poi, arriva inesorabilmente la felicità del buio, della notte, degli alberi ormai brulli, del “letargo” : si, proprio così, la felicità della goccia cosciente che si prepara ad affidarsi all’oceano.

E’ questo che faceva affermare ai saggi: “la vera felicità arriva solo nell’età avanzata, quando ci si accorge che tutto è assolutamente relativo in quanto non dura in eterno ed ha il sapore dell’eterno che dimora in noi”.

Gli antichi sapevano che ogni stagione portava all’anima differenti energie, da scoprire e da conoscere, lì dove l’alternarsi delle stagioni celebravano la nostra vita con le sue danze misteriose, le sue nascite e le sue morti.

Eros accende la sessualità, oltre al piacere di soffermarsi dentro di sé, godendo della libertà, dei viaggi delle serate amene con gli amici e tanto altro ancora… aria di novità, quindi, perle di felicità!

Primavera, non solo stagione dell’anno, ma anche stato d’animo!