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Una mente su sei: l’epidemia silenziosa della salute mentale in Europa. Di Chiara Vergani 

today20 Giugno 2025

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Una mente su sei: l’epidemia silenziosa della salute mentale in Europa. Di Chiara Vergani 

 

C’è un’emergenza che non fa rumore, non affolla i notiziari, ma cresce ogni giorno nel silenzio delle case, nelle aule scolastiche, nei luoghi di lavoro, nei corridoi degli ospedali. È l’emergenza della salute mentale. I dati diffusi a Parigi il 17 giugno 2025, nel corso di una conferenza internazionale promossa dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dal Ministero della Salute francese, parlano chiaro: una persona su sei in Europa convive con un disturbo mentale. E ciò che è più preoccupante è che un terzo di queste persone non riceve alcuna cura.

Questo dato da solo dovrebbe bastare a scuotere le coscienze. Chi vive una forma grave di disagio psicologico, come una psicosi, spesso rimane completamente fuori dal circuito dell’assistenza sanitaria: una persona su quattro non viene seguita in alcun modo. Il risultato è che ogni anno si registrano oltre 150.000 suicidi nella regione europea, più di 400 al giorno, con la tragica conseguenza che il suicidio rappresenta la principale causa di morte tra i giovani tra i 15 e i 29 anni.

La pandemia da COVID-19 ha ulteriormente aggravato questa situazione già critica. Secondo l’OMS, nel 2020 si è registrato un aumento del 25% di ansia e depressione a livello globale. Ma non si tratta solo di numeri: dietro ogni statistica ci sono volti, storie, famiglie, vite sospese. E ci sono segnali preoccupanti che indicano un disagio crescente in tutte le fasce d’età: il 15% degli adolescenti manifesta un uso problematico dei social media e una ragazza su quattro di 15 anni si sente sola per la maggior parte del tempo.

Anche tra gli anziani il malessere è profondo e spesso invisibile: uno su quattro, sopra i 60 anni, dichiara di sentirsi solo. Il disagio non risparmia nessuno, eppure continua a essere trascurato, sottovalutato, talvolta stigmatizzato.

Proprio per invertire questa tendenza, durante la conferenza di Parigi è stata firmata da 31 Paesi la Dichiarazione di Parigi, un impegno comune per rendere la salute mentale una priorità trasversale e concreta. Non più solo una questione sanitaria, ma una responsabilità condivisa tra scuola, lavoro, giustizia, urbanistica, cultura e digitale. Si tratta di un cambio di paradigma: affrontare la salute mentale non come emergenza marginale, ma come fondamento del benessere collettivo.

La dichiarazione propone alcune linee guida chiare:

 

Coinvolgere le persone con disturbi mentali nella progettazione dei servizi che li riguardano;

 

Creare ambienti urbani che favoriscano l’inclusione e il legame sociale;

 

Promuovere la prevenzione a partire dalla scuola, dal lavoro, dalle carceri;

 

Regolare e accompagnare l’uso delle tecnologie digitali, soprattutto tra i giovani.

 

La Francia, Paese ospitante della conferenza, ha dichiarato la salute mentale “Grande Causa Nazionale” per il 2025, sottolineando l’urgenza di un impegno concreto e collettivo.

 

Il direttore regionale dell’OMS Europa, Hans Henri P. Kluge, ha espresso con forza un concetto fondamentale: «Una regione forte e sana non si costruisce solo con i ministri della Salute, ma con tutti i settori della società, fianco a fianco, con cuore aperto e obiettivi condivisi».

Quello che emerge dalla conferenza di Parigi è un appello che non possiamo più ignorare: la salute mentale deve diventare un diritto pienamente riconosciuto, protetto e sostenuto da politiche pubbliche coraggiose e coordinate. L’alternativa è continuare a lasciare milioni di persone sole, invisibili, dimenticate e questo, per una società che si definisce civile, non è più tollerabile.

È il momento di ascoltare, intervenire e agire in quanto dietro ogni mente ferita c’è una vita che può tornare a fiorire, se solo la società decide davvero di prendersene cura.

Scritto da: Marco Naponiello

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