CINQUANTESIMO APPUNTAMENTO CON LA RASSEGNA LETTERARIA SUL “DE REBUS SICULIS CARMEN AD HONOREM AUGUSTI”
Cultura Eboli Salerno e Provincia

CINQUANTESIMO APPUNTAMENTO CON LA RASSEGNA LETTERARIA SUL “DE REBUS SICULIS CARMEN AD HONOREM AUGUSTI”

di Vittorio Campagna

Il poeta, raccontata la nascita di Federico-Ruggero, riprende a lodare il futuro imperatore narrando un prodigio, premonitore delle sue virtù e della sua grandezza, come introduce la Particola XLIV: <<Frederici presagia>> (“I presagi di Federico”). Chiaramente è da ritenersi una saga.

Un arabo offre un pesce degno del fanciullo Federico. Con la guida del maestro lo divide in tre parti, delle quali, due le detiene per se e la terza parte la consegna al padre: le sue due parti rappresentano l’Oriente e l’Occidente (v.1404); mentre una terza parte della terra, non definita, la terrà il padre che la difenderà con le armi (vv.1397-1408).

Il poeta per leggere il futuro del piccolo svevo ricorre al pesce che nell’antichità gli indovini, per mezzo delle sue viscere, utilizzavano per leggere gli aruspici ai personaggi importanti.

Il responso fu chiaro: <<Vive, pur, decus Ytalie, nova temporis etas, qui geminos gemina merce reducis avos>> (“Vivi, o fanciullo, decoro dell’’Italia, nuova età del mondo, che con le due parti del pesce fai rivivere gli avi”) (vv.1407-1408). È un inno alle future conquiste del virgulto.

Il futuro re e imperatore avrebbe fatto rivivere le gesta dei suoi avi (Ruggero II e il Barbarossa), persino quelli dell’impero romano, riunendo in se Oriente e Occidente, ecco perché il nome originario fu matronimico perché Costantino era stato designato a grandi gesta: <<Vive, Jovis proles, Romani nominis heress, Immo reformator orbis et imperii>> (“Vivi, erede del nome romano, anzi rinnovatore del mondo e dell’impero”) (vv.1411-1412); e come prole di Giove si sarebbe richiamato all’ultimo periodo dell’Impero Romano unito. Il padre, invece, avrebbe avuto la terza parte, e insieme avrebbero dominato il mondo. Purtroppo, le previsioni non si avverarono perché Enrico VI morirà quasi subito, nel 1197, quando il piccolo avrà solo tre anni.

Alcuni commentatori ritengono che il poeta, come similitudine, evochi Asinio Gallo, figlio nato a Asinio Pollione (Console romano 40-39 a. C.) e cantato da Virgilio nella IV egloga, vv. 8-10, delle Bucoliche: <<Tu modo nascendi puero, quo ferrea primum desinet ac toto surget gens aurea mundo, casta, fave, Lucina: tuus iam regnat Apollo>> (“Tu casta Lucina, proteggi il bimbo nascituro con cui cesserà la generazione del ferro e in tutto il mondo sorgerà quella dell’oro: già regna Apollo”). Vaticina l’avvento del puer e la nuova età dell’oro che ne sarebbe  conseguito.

 Certamente Pietro s’ispira ai tanti messia dell’antichità, umani e divini; ma secondo lo scrivente l’Ebolitano si rifà come similitudine, seppur azzardata, al messia ebraico, a Gesù stesso, visto che ha evocato nella particola 43 Giacobbe, Isacco e Daniele, ma soprattutto, ha parafrasato le prole di Isaia 11,5-9 quando accenna al dominio e alla pace mondiale grazie al virgulto. Non dobbiamo mai dimenticare che Pietro era un amante del classico e un conoscitore delle Sacre scritture.

N.B. La traduzione dal latino del prof. Carlo Manzione, è offerta per gentile concessione dell’ Ass. ne Culturale “Ebolus dulce solum, Storia e Arte al servizio della Cultura“; mentre, l’articolo è tratto dal libro dell’autore, Vittorio Campagna: <<Pietro da Eboli, Vate latino della letteratura italiana>>, de “L’Aurore edizioni”, Torchiara 2018.