“Significato e tradizioni della Pasqua” di Mariagrazia Toscano
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“Significato e tradizioni della Pasqua” di Mariagrazia Toscano

Una tra le grandi solennità religiose e liturgiche cristiane è la Pasqua, durante la quale si commemora la morte e si ricorda la resurrezione del Messia Gesù. In origine era una festa ebraica (il termine deriva dall’ebraico pesah = “passare oltre”) collegata al racconto biblico della liberazione degli Israeliti dall’Egitto. Come si narra nell’Esodo, Jahweh, nella notte in cui imperversava sui sudditi del faraone uccidendo i primogeniti degli uomini e degli animali d’Egitto, passava oltre le case degli Ebrei, le cui imposte erano state segnate col sangue dell’agnello sacrificato.

Con maggior fondamento, però, si ritiene che la Pasqua sia in realtà un’antichissima festa agricola, caratterizzata da diversi riti: dal sacrificio di un agnello le cui ossa non si dovevano spezzare, dal pane non lievitato che si mangiava con le carni dell’agnello insieme ad erbe amare, e dall’offerta di un mazzo di spighe, come primizia. La durata della festività, durante la quale gli Ebrei erano tenuti a recarsi in pellegrinaggio a Gerusalemme, era di sette giorni: dal 15° al 22° di nisan, mese corrispondente al nostro marzo. Attualmente la Pasqua è celebrata presso le comunità ebraiche in forma ampliata, con altri riti e con l’aggiunta di tradizioni locali.

Fu dopo la morte di Gesù che la festività fu assunta nel cristianesimo, dando avvio a controversie soprattutto per quanto riguarda il suo carattere, perché con essa alcuni gruppi intesero commemorare la crocifissione del Messia, il nuovo “agnello” che si era immolato come vittima per la salvezza dell’umanità (il termine Pasqua veniva falsamente riportato dal gruppo paschein = “soffrire”), mentre altri collegandola all’eucarestia, la celebravano a ricordo della resurrezione del Messia, avvenuta tre giorni dopo la sua morte, cioè di domenica.

Dopo lunghe controversie dottrinali, papa Vittore I, alla fine del II secolo, scomunicò le comunità d’Asia che non volevano uniformarsi all’uso occidentale.

Una regola generale per stabilire la data della Pasqua, che divenne così una festa mobile, si ebbe nel Concilio di Nicea (325): la Pasqua doveva celebrarsi la prima domenica seguente il 14 di nisan, cioè del mese in cui il 14° di nisan corrispondeva ad una domenica, la festività doveva essere spostata alla domenica successiva. Secondo il calendario gregoriano, quasi universalmente accettato nel mondo cristiano, la festività della Pasqua viene celebrata la domenica seguente il plenilunio successivo all’equinozio di primavera (21 marzo).

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La maggior parte delle tradizioni legate a questa ricorrenza si riconducono ad antichi riti di propiziazione e di espiazione connessi con l’inizio di primavera. Ad accentuare questo suo carattere contribuisce il precedente periodo di Quaresima durante il quale – specialmente nei secoli passati – l’astinenza acquistava un evidente significato di purificazione ( a questo può collegarsi l’usanza domestica molto diffusa delle cosiddette “ pulizie di Pasqua”). Significativa, sotto questo profilo l’usanza della “squilla” diffusa in alcune zone dell’Abruzzo, della Sicilia ed altrove: il sabato (o il giovedì) precedente la Pasqua la campana del paese rintocca a lungo invitando alla conciliazione ed alla pace.

Alle tradizioni pasquali concorrono due elementi ai quali, fin dai tempi più remoti, si attribuiscono poteri purificatori: l’acqua ed il fuoco. In molti Paesi europei (Italia, Germania, Francia, ecc.) si usa aspergere le persone e la casa nel momento in cui si sciolgono le campane, ritenendo che proprio in quel momento l’acqua diventi benedetta e che abbia speciali virtù protettrici e curative.

Non meno diffuso ed importante, nelle tradizioni di Pasqua, è l’uso del fuoco che un tempo veniva solennemente  benedetto la mattina del sabato santo. In molte zone si usa infatti accendere grandi falò sulle alture circostanti l’abitato, allo scopo di propiziare un buon raccolto.

Anche alle ceneri, che vengono conservate per tutto l’anno, sono attribuiti poteri apotropaici. Da antichissime consuetudini pagane deriva l’uso di uova, ritenute il principio e perciò il simbolo della vita, accolte poi dal cristianesimo nascente come simbolo della Resurrezione.

Molto più recente – prima metà del secolo scorso e, forse di origine tedesca – è invece l’uso delle uova di zucchero e cioccolata con sorpresa.  La colomba, e soprattutto l’agnello, hanno al contrario origine biblica; ma è evidente che nella rinnovata tradizione cristiana diventano principalmente simbolo di purezza e rientrano perciò nell’àmbito delle usanze e pratiche di purificazione.

N.B. Alcune notizie sono tratte dal Reader’s Digest.

Mariagrazia Toscano