VENTOTTESIMO APPUNTAMENTO CON LA RASSEGNA LETTERARIA SUL “DE REBUS SICULIS CARMEN AD HONOREM AUGUSTI”
Cultura

VENTOTTESIMO APPUNTAMENTO CON LA RASSEGNA LETTERARIA SUL “DE REBUS SICULIS CARMEN AD HONOREM AUGUSTI”

Costanza è rimasta inascoltata. Il suo discorso ai salernitani è caduto nel vuoto; anzi, le due fazioni, trancredini e imperiali, hanno ripreso con più veemenza a combattersi. All’imperatrice non resta che chiedere la vendetta a Dio sui salernitani traditori, come invita a fare la Particola XXII: <<Augustalis oratio pro vindicta, “Preghiera dell’imperatrice a Dio per la vendetta”. Si rivolge a Dio come il Principio e il Fine ultimo di tutte le cose. Rifacendosi all’Apocalisse, per ben sette volte  il poeta introduce le invocazioni di preghiera dell’Imperatrice con le espressioni <<Alfa Deus…>>, appellando Dio l’Alfa e l’Omega, creatore e moderatore del mondo, reggitore del cielo stellato.

 

È un misto tra mitologia classica e di contenuti biblici. Costanza cosa chiede a Dio? Il primo pensiero di condanna è per i due principali sobillatori: <<Pena Malignantes puniat alta viros>> (“Un duro castigo colpisca costoro che diffondono maldicenze”) (v.630); quindi, fa riferimento ai d’Aiello padre (Matteo) e figlio (Niccolò) per aver diffuso la falsa notizia della morte di Enrico VI e con falsità hanno attratto i salernitani alla causa normanna.

 

Chiede a Dio che <<Iam tua conflictus vindicet ira meos>> (“La tua ira vendichi alfine i miei travagli”) (v.632). Che l’ira di Dio vendichi le sofferenze ingiuste che i salernitani le stanno causando.

 

Chiede a Dio un fuoco contro i nemici: <<In me pugnantes ferrea flamma  voret>> (“Un fuoco impetuoso divori i miei nemici”) (v.634); a ricordo di come Dio incenerì Sodoma.

 

Chiede a Dio persino che si moltiplichi la sua ira contro i nemici: <<Iram congemines, acuas penamque furorem accendas, tumidos comprime, perde feros>> (“Moltiplicare l’ira, rendi più dura la vendetta, il furore accendi, reprimi i superbi, manda in rovina i violenti”) (vv.637-638).

 

Chiede anche che la pace ritorni e che i fautori della discordia li colpisca l’esilio e siano banditi dal regno con disonore (v.644-645).

 

Infine, che lei stessa sia liberata (v.646).

 

Pur richiamandosi a espressioni bibliche, come l’Apocalisse e a pensieri Veterotestamentari, il poeta presenta sempre un richiamo alla classicità. Infatti, nella preghiera di Costanza esiste un rapporto pagano col Dio, che va ben oltre l’esigenza poetica; un dio a uso consumo proprio, un dio adoperato come “mezzo” tipo spada, fuoco o altro elemento distruttivo, come se il Creatore di tutte le cose non avesse un proprio metro di giudizio nell’applicare la Giustizia.

 

Da tutto questo discorso emerge, infine, la forte base culturale, specie classica, del poeta e la sua capacità di destreggiarsi con facilità nel mondo della letteratura antica (far ricorso alla mitologia greca per esigenza poetica), quella propria medievale e, infine, a quella cristiana, da buon chierico.

 

 

 

P.S. La traduzione dal latino è del prof. Carlo Manzione, dal libro “De rebus siculis carmen ad honorem Augusti” a cura di Mariano Pastore;  mentre l’articolo è tratto dal libro dell’autore, Vittorio Campagna: <<Pietro da Eboli, Vate latino della letteratura italiana>>, de “L’Aurore edizioni”.

N.B.Per gentile concessione dell’ ass. ne Culturale “Ebolus dulce solum,Storia e Arte al servizio della Cultura” .